giovedì 9 febbraio 2017

Gustave Courbet, "Autoritratto come uomo disperato" (1843)

Gustave Courbet, "Autoritratto come uomo disperato"




Esponente del MOVIMENTO REALISTA, Gustave Courbet (Ornans 1819-1877 La Tour de Peliz)t è pittore di composizioni figurative, paesaggi terreni, marini e donne; sensibile anche alle problematiche sociali, prende a cuore le difficili condizioni di vita e lavoro dei contadini e dei poveri.
Figlio primogenito di una prospera famiglia di agricoltori proprietaria di un vasto patrimonio terriero, li ritrasse diverse volte a fianco dei protagonisti delle sue composizioni; era appassionato anche per i suoi luoghi dell'infanzia, che spesso incluse nell'ambiente paesistico di diversi suoi quadri.
Giunto a Parigi attorno al 1840 per assecondare la famiglia che lo avrebbe voluto avvocato, Courbet (Ornans 1819-1877 La Tour de Peliz) preferì immergersi nelle vivacissima vita culturale della città, visitando il Louvre di Rembrand, Caravaggio, Tiziano, Velazquez, e svagandosi alla brasserie Andler, frequentata da artisti e intellettuali del calibro Baudelaire e Proudhon.
Già in un AUTORITRATTO risalente a questo periodo, più precisamente al 1843, è evidente il distacco dallo stile romantico e prodromi dell’evoluzione artistica che approderà al Realismo; il soggetto è la DISPERAZIONE SCOMPOSTA e sconveniente di un artista, che punta i grandi e begli occhi sgranati su una REALTA' CRUDA E SQUALLIDA.
Difficile per un uomo nel fiore degli anni arrivare a dichiarare a gran voce quale sia per lui la natura delle cose reali e al contempo la propria “appartenenza totale alla libertà”, ossia la volontà di accettare la realtà per quella che è, ma anche di ingaggiare una strenua lotta contro di essa: è una lotta fondamentalmente fallimentare, nel tentativo di affermare la propria morale e la propria indipendenza intellettuale.
Lo smarrimento di fronte a questa lotta eroica si esprime anche sul piano tecnico e artistico: la creazione del pittore Courbet si fonda si sulla volontà di aprire uno squarcio nelle tela perbenista e patinata della società del suo tempo, ma inferto forgiando la sua lama con opere dei grandi maestri del passato, come è sempre avvenuto dall’alba dei tempi: la mente sregolata nei pensieri si esprime comprendendo a fondo le regole accademiche del linguaggio pittorico, poiché realismo non vuol dire realtà.
Gustave Courbet sa di essere SCANDALOSO, e sa di essere AFFASCINANTE; si raffigura allo specchio, con le guance rosse, le labbra carnose, gli occhi limpidi e profondi, ma pur reagendo con sgomento di fronte a quella gran bruttura che è il MONDO, la posa appare paradossalmente PLASTICA ED AGGRAZIATA;  il collo, le vene, sono modellate con un la luce di un teatrale “riflettore caravaggesco”. Impossibile tentare di riprodurre la disperazione di un disperato artista che si guarda allo specchio, pretendendo di non tradire l’essenza stessa del suo realismo! Da questo nasce il sincero smarrimento, l’ossessione, la tensione artistica di Courbet verso qualcosa che non si lascerà mai davvero raffigurare, o almeno, non senza lottare.