domenica 28 ottobre 2018

RODIN, lo scultore dell'Anima

RODIN è considerato l'iniziatore della Scultura Moderna.
Non era uno studente modello, infatti, lasciò la scuola a soli 15 anni e fu respinto tre volte della scuola "Belle Arti" di Parigi;
A seguito della sua prima mostra (1871), non ebbe subito successo. quelle SCULTURE NON TERMINATE rivoluzionavano i canoni dell'epoca (lo influenzò lo studio del Rinascimento Italiano, MICHELANGELO e DONATELLO);
L'opera "L'età del bronzo", (ispirata da "Lo schiavo morente" di MICHELANGELO), che l'artista propose alla giuria del Salon del 1877, fece scandalo all'epoca per l'eccessivo REALISMO nella resa del corpo umano, venne infatti considerata un calco della scultura direttamente sul corpo del modello e non plasmandolo a mano; fu necessaria un'inchiesta governativa per scagionare l'artista.

L’arte, oltre che precorrere i tempi, ha da sempre avuto anche la missione di raccontare la società e i suoi cambiamenti, e a farlo, in quella Francia appena uscita dall’ultimo impero di Napoleone III, erano soltanto i pittori impressionisti, e pochi altri “coraggiosi” come Gustave Courbet, o scrittori come Zola e Balzac. L’accademismo storico era ormai desueto, le circostanza imponevano un’arte legata al realismo quotidiano, nonché alla psicologia dell’essere umano. A questa sintesi giunse anche lo scultore François-Auguste-René RODIN (1840-1917), e anch’egli attraverso un percorso creativo completamente indipendente, dopo essersi “ribellato” agli stilemi dell’accademica Petite École dove aveva compiuti gli studi. A differenza degli Impressionisti, con i quali condivideva la necessità di innovare l’arte rendendola aderente alla realtà, non fece mai parte di un gruppo o di un movimento, ma scelse di “combattere” da solo, come sottolineò lo scrittore e poeta Rainer Maria Rilke, che di Rodin fu ammiratore e persino segretario per diversi anni.



RODIN Sin dall’inizio, volle essere un outsider, e rifiutò in blocco quanto appreso in accademia per lasciarsi ispirare dalla muscolarità di MICHELANGELO, dalla quale nacquero quelle forme umane voluminose che tanto scandalizzarono Léautaud. Ma furono proprio queste forme a loro modo prosperose a ispirare Gauguin prima e Picasso poi, a dimostrazione di come, per questo e altri aspetti, la scultura di Rodin sia stata innovativa, un po’ come circa mezzo secolo prima lo era stato Lorenzo Bartolini con il suo “bello naturale”, primo efficace tentativo di superamento dell’accademismo.

Quella di RODIN è quindi una scultura certamente non facile da apprezzare, scomoda e dolorosa tanto è profonda la sua espressività: il Pensatore – di cui in mostra è visibile la versione in gesso del 1903 -, evoca Kierkegaard e il suo singolo, evoca Nietzsche che guarda nell’abisso dell’infinito, evoca l’angoscia dell’uomo moderno travolto dai forsennati cambiamenti di un’Europa in crisi d’identità, sull’orlo della Grande Guerra. Accostate ad esso, il delicato Pensiero, un gesso del 1893 che se da un lato rievoca le michelangiolesche Prigioni, dall’altro è calato nella sua epoca per il morbido copricapo nuziale bretone posato sulla testa femminile; ma l’aspetto poetico non inganni. Lo sguardo inclinato verso il basso, le labbra serrate, rimandano all’angosciata malinconia del Pensatore, entrambi simboli senza tempo della condizione umana.

Ma RODIN non è solo simbolo; è anche verità e carattere, studio del corpo pulsante di vita, come negli struggenti bronzi di Adamo (1880) ed Eva (1881), il primo che richiama il David di Michelangelo per la muscolarità plastica, la seconda vicina al Masaccio della Cacciata dal Paradiso, per il pudore con cui nasconde il volto fra le braccia; mentre la drammaticità di Colei che fu la bella Elmiera (1880), per la sua espressività drammatica è vicina alla Maddalena penitente di Donatello; tre esempi che confermano la predilezione di RODIN per il Rinascimento italiano, e l’immensa portata che quest’epoca ebbe sugli sviluppi artistici delle epoche successive.
In RODIN la matericità “grezza” di gessi come la Bella Elmiera si alterna a raffinatissime rifiniture come in quella Età del Bronzo così perfetta da avergli procurata un’infondata accusa di“sovramodellato”, cioè di aver fatto un calco del modello, tanto quella perfezione era ritenuta irraggiungibile dalla mano dell’uomo. E a proposito di mani, impossibile non notare come quelle delle statue di RODIN sono sempre belle, come quelle del Verrocchio; le mani sono l’estensione della mente e dell’anima, con quelle si può creare la bellezza, ma anche compiere atti delittuosi. Possono compiere l’alfa e l’omega dell’esistenza umana, così come la mente lo può concepire. La mano come organo creatore di oggetti e traduttore in forme corporee del pensiero umano. Quasi un richiamo, forse inconscio, allo stoico Zenone di Cizio, che sosteneva la corporeità di tutte le idee, in antitesi a Platone; e corporea, la scultura “esistenzialista” di RODIN lo è, sia per ragioni di struttura sia per ragioni concettuali.

Il ragionamento filosofico in RODIN è sempre legato alla realtà, fondamento necessario per dialogare con il pubblico, secondo quella sensibilità di apertura verso la massa di cui era stato iniziatore Gustave COURBET; ne sono altri due suggestivi esempi le sculture del San Giovanni Battista (1880) e dell’Uomo che cammina (1907), dove l’adesione al corpo è così netta da annullare il senso narrativo, e raggiungere quella forma pura ed eterna che aprirà la strada a Duchamp e Giacometti.

Nel 1889, il "coup de théâtre" della doppia personale assieme a Claude MONET, presso la galleria di Georges Petit a Parigi, in concomitanza con l’Esposizione Universale, lo stesso anno che vide la costruzione della Tour Eiffel. Per entrambi gli anni Ottanta sono stati un decennio importante: Monet lascia la pittura "en plein air" per dedicarsi al lavoro d’atelier, RODIN consolida invece la maturità raggiunta con l’Età del Bronzo, del 1877. La mostra ebbe grande successo, che diede avvio per entrambi a ulteriori sviluppi creativi. Negli anni Novanta, RODIN approfondì il suo lavoro di estrinsecazione dell’anima, e uno dei suoi lavori migliori in tal senso è quel Victor Hugo ritratto in uno studio di nudo, che sospende in una atemporalità classica il grande scrittore, e lo accosta alla severità filosofica dei Cinici e degli Stoici, e spiega, in un certo senso, la natura delle sue opere narrative, quei romanzi storici fortemente impregnati di disillusa sensibilità sociale.


La grandezza di RODIN la si percepisce dal modo in cui le sue sculture ci colpiscono, arrivano al cuore e alla mente, dall’influenza che ha avuto su molti artisti dei decenni successivi, e dalla determinazione con cui ha portato avanti le sue convinzioni artistiche sapendo di avere ragione.

"IL BACIO" di Rodin


“Il Bacio” (1888-1889) di Auguste Rodin è una storia d’amore struggente. L’artista ha infatti rappresentato “Paolo e Francesca”, gli amanti citati nel canto V dell’Inferno di Dante, sorpresi dal marito che li uccise. Fu il libro sulla storia d’amore di “Lancillotto e Ginevra” che li fece innamorare e cedere alle lusinghe di un amore clandestino, che condusse gli amanti alla condanna eterna di vagare nell’inferno dantesco.




La genesi del Bacio di Rodin inizia nel 1880, quando lo Stato francese commissiona all’artista una PORTA DECORATIVA per il Musée des Arts Décoratifs di Parigi. La porta doveva essere dedicata alla Divina Commedia di Dante e nel progetto iniziale la coppia di amanti doveva essere collocata sul battente sinistro, ma Rodin decise di far diventare il gruppo scultoreo indipendente. Rodin è riuscito a rendere sensuale e realistico l’amore tra i due amanti e lo sguardo è costretto a osservare ovunque per individuare i particolari, come le braccia che avvolgono i corpi, le bocche che sembrano fondersi, le mani che stringono il corpo dell’amato. Paolo e Francesca sembrano destinati a rimanere uniti per sempre, nati dallo stesso blocco di marmo e quasi senza volto. C’è l’amore e la passione in questa scultura di Rodin ma soprattutto c’è la tragedia di chi ha ceduto ad un sentimento travolgente ed è costretto a pagarne le conseguenze per sempre. Alcuni sostengono che la coppia di amanti sia in realtà il ritratto di Auguste Rodin e della sua allieva e amante Camille Claudel.






Il Bacio di Rodin si trova al Museo Rodin di Parigi, ma esistono altre due copie: uno eseguito da Rigaud tra il 1900 e il 1904 è alla Tate Gallery di Londra; l’altro scolpito da Emmanuel Dolivet nel 1902 è a Copenaghen alla Ny Carlsberg Glyptotek; mentre una copia postuma si trova a Filadelfia. 
Di fronte al successo straordinario del Bacio di Rodin, la società Barbedienne firma nel 1898 un contratto con Rodin per produrre e commercializzare versioni in bronzo del gruppo scultoreo in quattro misure diverse, ma anche altre società riprodurranno l’opera. Questo ne decreta il successo planetario. Il Bacio di Rodin fece scalpore nella Francia di fine Ottocento perchè era la prima volta che un artista si allontanava dallo stile levigato del Neoclassicismo per rappresentare una scena dalla forte carica erotica. Per approfondire questo stile ti consiglio di leggere il post Neoclassicismo: come, quando e perchè si sviluppa. 

Questa è la grandezza di Rodin, la capacità di dare vita al marmo e traghettare la scultura nell’era moderna.

NOTA: Fate un confronto tra la mano sulla coscia di Rodin (foto sopra) e quella de "Il Ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini" (1621-1622) (foto di seguito)



La Bellezza (C. Baudelaire)

Sono bella, o mortali, come un sogno di pietra e il mio seno,
cui volta a volta ciascuno s'è scontrato,
è fatto per ispirare al poeta un amore eterno e muto come la materia.

Troneggio nell'azzurro quale Sfinge incompresa,
unisco un cuore di neve alla bianchezza dei cigni,
odio il movimento che scompone le linee e mai piango, mai rido.

I poeti, di fronte alle mie grandi pose,
che ho l'aria di imitare dai più fieri monumenti,
consumeranno i giorni in studi severi, perché,

onde affascinare quei docili amanti,
ho degli specchi puri che fanno più bella ogni cosa:
I miei occhi, questi larghi occhi dalle luci eterne.

venerdì 26 ottobre 2018

Agnello e Patate alla Birra

Ingredienti:

  • COSTOLETTE DI AGNELLO 500 g
  • PATATE 500 g
  • AGLIO n. 2 spicchi
  • BIRRA 200 g
  • ROSMARINO, SALVIA q.b.
  • SALE, PEPE q.b.


Procedimento:

Pelare le patate e tagliarle; Porle in una teglia, rivestita con cartaforno, condirle con l’olio extravergine, il sale, alcuni aghi di rosmarino, e irrorarle con 100 ml di birra. 

Infornare, in forno già caldo a 180 °C, cuocere per 30 minuti: le patate dovranno risultare croccanti e dorate, e la birra evaporata. 

Condire, nel frattempo, la carne con l’aglio a pezzetti, la salvia e il rosmarino rimasto; Farla rosolare in una casseruola, a fuoco vivace, girandola da entrambe le parti, poi irrorare con la birra restante. Lasciar evaporare un po’, ma non del tutto, salare, pepare e coprire con un coperchio; Abbassate la fiamma e cuocete ancora per 2-3 minuti. 

Servire con le patate.


ENJOY  :-)




sabato 20 ottobre 2018

CONSIGLI ECO

Per limitare i consumi: Sostituisci il vecchio fornello elettrico con un fornello a gas (abbatti i costi del 60%), o con piastre in vetroceramica, che garantiscono un risparmio del 10%, o ancora con un fornello a induzione (dimezza i tempi di cottura: così riduci il consumo energetico!). Scegli il forno ventilato (consuma anche il 30% in meno, se lo sportello ha un buon isolamento termico).

Per limitare i consumi: Per ogni kilowattora prodotto con fonti fossili si emettono circa 700g di CO2. Ad esempio in media, in un anno, il phon consuma 48 kWh, il microonde 99, il televisore 158, il condizionatore 500.

giovedì 18 ottobre 2018

COME APPARECCHIARE LA TAVOLA

COME APPARECCHIARE LA TAVOLA





1.    La tavola non deve essere troppo grande, con distanze eccessive tra un invitato e l’altro: potrebbe raffreddare la conversazione; Tuttavia, deve essere sufficientemente grande da mettere i commensali a proprio agio.
2.    La tavola può essere interpretata in maniera differente in base alla situazione, al periodo dell’anno, al contesto. Una volta scelto il genere, però, gli elementi dovranno essere in armonia. Esempio: per la tavola country si prediligono tessuti naturali in lino o cotone, anche fantasia, e piatti in ceramica anche colorati con un centrotavola realizzato magari con semplici fiori di campo o rami di erbe officinali. La tavola più formale richiede invece maggiore attenzione nella ricerca degli accostamenti e nella selezione dei servizi. Ma entriamo nel dettaglio.
3.    Oltre alla piacevolezza degli oggetti, tutto ciò che sta sulla tavola deve essere perfettamente in ordine per non danneggiare il colpo d’occhio generale.
4.    La tavola deve essere apparecchiata prima dell’arrivo dei commensali e può essere arricchita con un centrotavola, anche a tema, che non deve disturbare la vista e il colloquio tra gli ospiti.
5.    La tovaglia deve rispecchiare l’arredo e inserirsi cromaticamente nel contesto, deve essere sistemata accuratamente rispettando le dimensioni del tavolo e scendendo sui lati abbondantemente, mentre i tovaglioli devono essere possibilmente dello stesso tessuto e piegati semplicemente.
6.    Ogni posto dovrà prevedere un sottopiatto, presente per tutta la durata del pasto, un piatto piano e all’occorrenza una fondina.
7.    Il dilemma delle posate. Per quanto riguarda il posizionamento delle posate ricordate che a destra dei piatti vengono posti i coltelli, con le lame rivolte verso il piatto accanto al cucchiaio, le forchette si trovano a sinistra e sono una o due in base al numero delle portate mentre le posate del dessert si trovano sopra il piatto.
8.    bicchieri devono essere in un numero massimo di quattro e vanno posizionati a destra del piatto sopra i coltelli. Il primo da sinistra è il bicchiere più ampio destinato all’acqua, segue quello per il vino rosso di dimensioni medie, poi quello per il vino bianco e infine il flûte per lo spumante arretrato rispetto gli altri.
9.    Sale e pepe, olio e aceto non devono comparire sulla tavola apparecchiata, ma devono essere portati solo su richiesta dei commensali.

COME SEDERSI A TAVOLA

COME SEDERSI A TAVOLA





  1. alternare un uomo e una donna
  2. evitare di mettere vicini o di fronte le coppie di coniugi; Possono sedere vicino i fidanzati
  3. attribuire a ogni ospite la giusta importanza avendo più cura di chi è invitato per la prima volta
  4. il padrone e la padrona di casa l'uno di fronte all'altra a capotavola
  5. le persone più importanti (per importanza o per anzianità) siedono alla destra e alla sinistra dei padroni di casa 
  6. le altre coppie si alternano
  7. i parenti, le persone più giovani, e con chi si ha più confidenza, distanti dai padroni di casa
  8. se chi invita è una persona sola darà il posto a capotavola all'invitato più importante
  9. se chi invita è signore celibe darà il posto a capotavola all'invitata più importante
  10. devono essere divisi i grandi amici e i colleghi di lavoro 
  11. per favorire la conversazione, le persone con interessi comuni vanno disposte in prossimità. 

Regole valide per una tavola con 6, 10 o più di 10 invitati.

L'importante per la riuscita di un pranzo o una cena è sempre una buona cucina, una buona compagnia, e buone conversazioni... bisogna solo fare attenzione agli accostamenti sbagliati!

martedì 2 ottobre 2018

Chiesa S. Domenico di Monopoli

La chiesa di san Domenico ci riporta ad un ambiente spiccatamente domenicano. La presenza dei frati Domenicani a Monopoli risale al 1270 quando fondarono, fuori le mura nell’area di Cala Fontanelle, la Chiesa di Santa Maria Nova. Qui operò fra Reginaldo, di cultura ferrarese, importante per la sua opera di miniaturista: una delle sue opere è custodita nel Museo Diocesano. Tra il 1528 e il 1529 la chiesa fu distrutta perché poteva rappresentare un rifugio sicuro per i militari spagnoli, durante l’assedio del marchese del Vasto. Nella prima metà del ‘500 ebbero inizio i lavori di ricostruzione della chiesa all’interno delle mura. La bellissima chiesa rinascimentale che oggi si può ammirare è stata completata, probabilmente, intorno al 1580. Anche l’annesso convento, sede attuale della caserma dei carabinieri di Monopoli, è di quegli stessi anni. 
La facciata si caratterizza per il bel rosone e per le statue raffiguranti il Cristo.


L’interno della chiesa è scandito in tre navate che culminano con un’abside goticheggiante e una cupola rinascimentale, mentre nella zona del catino si osservano delle rosette lacunari. 

Il primo altare in tufo a destra è forse opera di Pasquale Simone, mentre la tela della Madonna del Rosario, raffigurante la consegna del Rosario a S. Domenico, è probabilmente di Paolo De Matteis, e la dedicazione della cappella è proprio alla Madonna del Rosario; le mensolette ai lati dell’altare dovrebbero essere attribuibili a Mauro Manieri e il pavimento è in maiolica napoletana; inoltre la stessa cappella nel 1562 fu adibita a sepolcreto dei militari spagnoli stanziati al castello. Sull’altare maggiore si può osservare il Crocifisso, che è opera di Michele De Palma del 1970. Tutti gli altari a sinistra sono di tufo scolpito e decorato con stucchi dalle maestranze leccesi. Nel 1853 chiudono quasi tutti i conventi della Puglia. Nel 1861 si fecero allontanare i frati da Monopoli. Dal 1881 ad oggi la chiesa è ben curata dai confratelli di S. Cataldo. Vi sono custodite le statue dei SS. Medici Cosma e Damiano.

Chiesa S. Leonardo di Monopoli

La chiesa di san Leonardo riporta ad un ambiente di carattere benedettino. È opera dell’artista salentino Mauro Manieri, che la realizzò nel 1742. Annesso alla chiesa c’è l’importante convento di clausura delle suore Benedettine. Dei primi del Novecento è la sede dalla Confraternita di san Giuseppe, ed è possibile ammirarvi un museo di arte e oggettistica sacra. Costruita nel 1722, sui progetti dell’architetto salentino Mauro Manieri (Manieri fu anche scultore, pittore, incisore e orafo, oltre che autore di fabbriche famose come la facciata del duomo di Taranto e della chiesa delle Alcantarine a Lecce), la chiesa di san Leonardo è una delle chiese barocche più belle di Monopoli. 
Nel 1737 il convento contiguo subì una ristrutturazione, in occasione della quale fu innalzato anche il campanile che risale agli anni ‘20. 

Gli ampliamenti della chiesa, invece, sono stati portati avanti dal 1742 in poi, come dimostra il cartiglio collocato all’interno del frontone superiore, sul timpano semicircolare (il cartiglio è una cornicetta con delle lettere incise). Sulla facciata sono riportate la tiara papale e le chiavi apostoliche. 
La chiesa è dedicata a san Leonardo, quindi ambiente benedettino, e di conseguenza i santi all’interno della chiesa sono o san Leonardo o i gemelli san Benedetto e santa Scolastica; e quindi sulla facciata c’è san Benedetto, così come dall’altra parte, sotto il campanile, senza testa (acefala), la figura si santa Scolastica. 
La chiesa è tipicamente barocca, corredata da festoni centellinati da puttini festosi e saltellanti, per arrivare ai diversi capitelli di stile ionico. I gradoni, infine, movimentano molto geometricamente la facciata. 


Internamente la chiesa di san Leonardo ha subito delle modifiche. Le ultime risalgono agli anni ’20 (1920-1922): il pavimento ha coperto sicuramente l’ingresso al sepolcreto. La bussola lignea, finalizzata a staccare l’esterno dall’interno, è recente (1909), e gli altri elementi risalgono alla fine dell’800 e ai primi ‘900, oltre a quelli più recenti come l’altare, degli anni ’40/’50. Le tempere su intonaco sono collocate all’interno di cornici e di stucchi. Esse impreziosiscono le chiese come quella di san Martino, anch’essa benedettina. 
Importanti sono “La morte di santa Scolastica” con una scritta (Io volerò e riposerò. Il Signore mi darà le ali di una colomba ed io volerò e potrò riposare) entrando a destra. A sinistra troviamo la raffigurazione della “Morte di san Benedetto” lungo la strada dell’Oriente. 
Altri elementi molto interessanti sono i quattro contorni angolari, dei quali i primi due sono collocati all’ingresso e sono dotati di acquasantiera: raffigurati a sinistra i santi (dell’Ordine Benedettino) Placido, Gaetano d’Etienne e Leonardo con l’attributo delle catene e della Regola Benedettina; mentre a destra c’è san Benedetto con il corvo. Le opere dell’altare sono rilevanti. Esso dovrebbe appartenere alla scuola di Aniello Gentile (anche nella Cattedrale di Monopoli c’è un altare del Gentile). Si tratta di un altare molto decorato, policromo, al centro del quale ammiriamo una bellissima tela attribuita a Paolo De Matteis. Essa raffigura la “Madonna insieme con Sant’Anna” che mostra il Bambin Gesù. Sono tutti in Gloria tra i Santi: da un lato c’è san Benedetto, mentre sull’altro san Leonardo, raffigurato anche qui con le catene in mano. Il quadro risale al 1740-1760. Quindi coevo alla costruzione e all’ingrandimento della Chiesa.