giovedì 8 agosto 2024

CATTEDRALE SANT’ORONZO DI LECCE

La Piazza Duomo comprende una serie di monumenti che si affacciano tutti intorno: la cattedrale del Duomo, i palazzi del Vescovado e del Seminario, il Campanile. A causa dell’insolita posizione laterale del fronte del Duomo rispetto all’unico ingresso alla piazza, è stato sviluppato artisticamente il lato sinistro dell’edificio posto di fronte all’unica entrata nel sagrato, trasformandolo nella veduta principale che accoglie i visitatori.

La costruzione originaria del Duomo fu voluta dal Vescovo Formoso nel 1144, circa un secolo dopo, nel 1230, il vescovo Volturio volle eseguire alcuni lavori di ristrutturazione, ma nel 1659-70 fu totalmente ripristinato dal vescovo Pappacoda, volendo esaltare la figura di Sant'Oronzo che pochi anni prima aveva salvato la città da una epidemia di peste, divenendone il patrono. L'opera viene affidata al grande architetto e scultore leccese #GiuseppeZimbalo, il quale conduce i lavori dal 1659 al 1670. 

 


Il Duomo ha due FACCIATE, una che guarda verso una piazzetta minore, l’altra che domina quella maggiore. L’idea di costruire una facciata laterale che desse sulla piazza fu di Giuseppe Zimbalo, che la realizzò perché chi entrava in piazza Duomo non si trovasse di fronte una parete spoglia, ma appunto un elemento scenografico.

Nonostante la FACCIATA sia su un lato della chiesa, è la più importante. Propone, attraverso la sua suddivisione degli spazi tramite le paraste scanalate, la ripartizione interna in tre navate. Ad impreziosire i suoi due ordini stilistici ci sono le statue di San Gennaro, San Ludovico da Tolosa, San Pietro e San Paolo. Durante il corso degli ultimi anni del Novecento, la facciata è stata valorizzata dal portale in bronzo realizzato da Manzù, che ben si armonizza con il complesso plastico scarno e lineare della superficie. Lo spazio interno del Duomo, a croce latina con tre navate ripartite da maestosi pilastri rafforzati da semicolonne, è sontuosamente abbellito da ben dodici altari. Dal 1685, sui tanti splendori regna sovrano lo splendido soffitto in legno a lacunari, finemente intagliato e ricoperto da una radiosa doratura che ne incornicia le tele, sapientemente eseguita da Giuseppe da Brindisi, con le storie di S. Oronzo, la Predicazione, la Protezione dalla Peste e il Martirio. A culmine di tanta bellezza, si ammira l’altare maggiore dedicato alla Maria Assunta, una splendida opera d’arte commissionata dal vescovo Sersale ai marmorai napoletani nel 1744, in cui si sommano armoniosamente elementi scolpiti nel marmo e altri fusi in bronzo. Al centro, la preziosa e solenne tela della santa, accompagnata dalle scene del Sacrificio di Noè dopo il diluvio, il sacrificio del Profeta Elia, l’Assunta, tutte realizzate da Antonio Tiso.


 


S. Oronzo benedicente
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“La facciata principale del Duomo, nascosta allo sguardo di chi si affaccia sulla piazza, è piuttosto lineare, caratterizzata da paraste scanalate che rispecchiano la suddivisione interna in tre navate e presenta due ordini abbelliti da quattro statue scelte dallo stesso Vescovo Pappacoda: i Santi Apostoli Pietro e Paolo, i vescovi San Gennaro e San Ludovico da Tolosa, che sono caratterizzate da iscrizioni poste sopra e sotto le statue stesse.”


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Allo Zimbalo fu affidata anche la ricostruzione del CAMPANILE, un tempo collocato a lato della facciata principale, sul lato orientale della piazza. I lavori durarono dal 1661 al 1682, come riporta l'epigrafe sulla penultima monofora.

L’intera città, sono dominate dall’altissimo campanile, che coi suoi 68 metri è tra i più alti d’Europa. La possente mole è formata da cinque piani che si assottigliano.

 

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L’INTERNO si presenta come una semplice e imponente croce latina a tre navate, divise da pilastri e da semicolonne addossate, con transetto.


La NAVATA CENTRALE e il transetto formano al loro incrocio uno spazio delimitato da grandi archi a tutto sesto, il loro soffitto ligneo a lacunari incornicia al suo interno le tele di Giuseppe da Brindisi rappresentanti la Predicazione di S. Dromo, la Protezione dalla Peste, il Martirio di S. Dromo e l’Ultima Cena.

 

“Il sontuoso altare maggiore dedicato all’Assunta pervenne a duomo per volontà del vescovo Scipione Sersale (1744-1751), che commissionò personalmente l’opera a uno dei migliori maestri marmorari napoletani, il De Martina. Ai lati dello stesso fece apporre lo stemma della sua famiglia, con larghe bande di preziosi lapislazzuli.
Il 29 maggio 1757 il preziosissimo altare fu consacrato dal Vescovo Alfonso Sozy Carafa e l’11 agosto dello stesso anno il dipinto dell’Assunta opera del pittore gallipolino Gian Domenco Catalano (oggi nella sala capitolare) fu sostituito da un’altra grande tela dell’Assunta, magistrale opera di Oronzo Tiso.
Sempre a quest’ultimo si ascrivono inoltre le due grandiose tele datate 1758, rappresentanti i Sacrifici di Noè ed Elia, delle due pareti laterali del coro, commissionate dal vescovo Sozy Carafa, che, per la magnificenza dei suoi atti e per le splendide innovazioni apportate nell’edilizia leccese, fu definito l’Alessandro VII del suo tempo. Altre importanti tele, tra cui quelle dei quattro evangelisti, dei profeti, degli apostoli, quelle relative ad episodi della vita di Maria Vergine e ai simboli della città arricchiscono e completano le pareti e il soffitto ligneo.
Il 3 aprile 1759 fu collocato nell’abside dell’altare maggiore, in sostituzione del precedente in pietra leccese, il nuovo coro di noce intarsiato, del valore di 700 ducati, eseguito nel 1758 su un probabile disegno di Emanuele Manieri.
Nel 1763 si collocarono le magnifiche e sontuose balaustre di marmi preziosi e i cancelli in ottone, con le insegne del vescovo Sersale e del Capitolo cattedrale.
Sotto l’episcopato di mons. Minerva (1950-1981) fu consacrato l’altare centrale, costituito da una recuperata tarsia napoletana del XVIII secolo e fatto costruire per le rinnovate esigenze liturgiche.” 



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Numerosi sono gli altari in marmo e in pietra leccese che arricchiscono l'interno della chiesa, suddiviso in tre navate da robusti pilastri.

L’ALTARE principale, opera di # Giovanni Andrea Larducci da Salò e di #GiuseppeZimbalo, in cui marmi e scagliola si confondono nella stessa articolata macchina d’altare occupante l’intera parete di fondo della cappella, è suddiviso in due ordini.

La Cornice è affiancata da due COLONNE intarsiate con motivi floreali, mentre ai lati, nelle nicchie ricavate tra due altre colonne più sottili per lato, si trovano le statue dei compatroni S. Giusto (a sinistra) e S. Fortunato (a destra).

Sotto si eleva la MENSA frutto di un ammodernamento del 1780, quando per volontà del vescovo Sozj Carafa il marmoraro Innocenzo Cartolano realizzò il paliotto ad urna, i gradini del postergale e la predella.

Sopra la cornice aggettante su cui si innalzano due piccole VOLUTE somiglianti a due riccioli ribelli, l’ordine superiore, che nelle strutture architettoniche ripete quello inferiore, oltre all’epigrafe centrale, presenta lateralmente le NCCHIE con le statue di S. Petronilla (a sinistra) e di S. Emiliana sorella di S. Oronzo (a destra). Chiude quest’ordine lo STEMMA CIVICO (la lupa sotto il leccio) posto in mezzo a due angeli, mentre altri due angeli più grandi adagiati su un timpano a lunetta, inserito a sua volta tra un timpano interrotto, reggono la croce. Come si legge nella targa dorata sulla trabeazione al di sopra di una testina d’angelo, questo è un altare privilegiato ogni giorno in perpetuo, privilegio ottenuto con Breve di Pio VII in data 2 ottobre 1801.

Sopra la custodia eucaristica fino al 1955 si poteva vedere un’URNA di legno con lastre di cristallo contenente il capo di S. Oronzo fatto di creta, poggiato su un cuscino di velluto rosso ricamato in oro e circondato da una ghirlanda di rose artificiali (oggi tale urna è custodita presso la Curia). Tale simulacro ricordava il martirio di S. Oronzo avvenuto per decapitazione in quanto cittadino romano. Sulla parete sinistra vi è un bel monumento di pietra leccese dorata con inciso il decreto del papa Innocenzo XII, che fu vescovo di Lecce dal 1671 al 1682 con il nome di Antonio Pignatelli, con cui concede l’indulgenza plenaria per la festa di S. Oronzo, mentre sulla parete destra vi è un altro monumento simile al precedente che i canonici Bernardino e Ignazio Belli fecero realizzare in onore del vescovo Pappacoda.

Nei giorni della festa dei santi patroni, che si dispiega in undici giorni di preparazione (undena) per culminare il 26 agosto, questa cappella viene allestita con drappi rossi per accogliere i busti in cartapesta ricoperti di foglia oro e argento di S. Giusto e di S. Fortunato e la statua argentea di S. Oronzo. Questa, modellata dal leccese Antonio Maccagnani, realizzata da Francesco Citarella e fusa a Napoli dall’argentiere Vincenzo Caruso, fu eseguita nel 1864 per voto fatto dalla città che al santo protettore aveva attribuito lo scampato pericolo dell’epidemia colerica degli anni 1836-1837. Pagata poco meno di 22.000 lire, è la versione in argento della statua in gesso del santo posta su quello che fu l’altare di S. Gaetano di Thiene a destra del braccio sinistro del transetto della Chiesa di S. Irene. Al di sotto della statua viene poi collocato un massiccio paliotto in argento promesso nel 1859 da Ferdinando II di Borbone, offerto nel 1887 da suo figlio e successore, ormai spodestato, Francesco II, che lo fece realizzare a Napoli dall’argentiere Luigi Magliuolo su disegni dell’architetto Francesco Gavaindon e raffigurante la richiesta di intercessione di S. Oronzo alla Vergine Assunta, titolare della Cattedrale. Impostato sotto un arco, l’altorilievo presenta sulla sinistra il santo in abiti pontificali, campato sulle nubi e accompagnato da un corteo celeste con gli emblemi del pontefice e le palme del martire, che, genuflesso e con la destra tesa, chiede la protezione di Maria, collocata a destra. La Vergine, decorata da una nube di serafini, manifesta l’accoglienza della preghiera con il braccio sinistro disteso sulla città di Lecce di cui si riconoscono, distesi in linea orizzontale, il Campanile della Cattedrale con la sua altezza vertiginosa, la Chiesa del Carmine con la sua cupola ed il suo campanile tronco, la Chiesa del Rosario e Porta Rudiae. Agli angoli sopra l’arco due belle figure angeliche portano le corone della vittoria, mentre i pilastrini laterali recano l’arme borbonica.



Altare maggiore dedicato all’Assunta

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Sant'Oronzo viene celebrato in un grandioso altare nel transetto a destra, totalmente in marmi policromi. Il santo patrono della città è rappresentato come vincitore sul paganesimo al centro in un dipinto di Giovanni Andrea Coppola celebre medico, musico e pittore gallipolino, raffigurante S. Oronzo in abiti pontificali tra due angeli e sotto i suoi piedi l’idolo pagano distrutto, realizzata nel 1656. Da notare è lo stupendo effetto di profondità ottenuto ponendo il santo quasi affacciato da un portale da cui domina il paesaggio in cui prevale il cielo azzurro segnato da qualche nube, mentre la città si scorge in lontananza. Ai suoi piedi un idolo di una divinità pagana in frantumi. I compatroni di Lecce trovano posto nelle due nicchie laterali: San Fortunato a destra e San Giusto a sinistra. La narrazione della storia del patrono continua nel secondo ordine con la rappresentazione nelle nicchie di Santa Petronilla a sinistra, la matrona romana che aveva raccolto le spoglie di Sant'Oronzo e a destra di Sant'Emiliana, sorella del santo.

Secondo la tradizione, durante la dominazione romana nel I secolo d.C., Sant'Oronzo e il nipote San Fortunato presso la località di San Cataldo incontrarono San Giusto, discepolo di San Paolo in viaggio verso Roma. I due si convertirono così al Cristianesimo e iniziarono la loro opera di proselitismo.

Sant'Oronzo, ritenuto il primo vescovo di Lecce, fu poi perseguitato e subì il martirio nell'età dell'imperatore Nerone. Fu decapitato in un luogo, a poca distanza da Lecce, dove sorge la Chiesa "della testa di Sant'Oronzo". Le sue spoglie furono raccolte dalla matrona leccese, Santa Petronilla e, secondo una tradizione, riposerebbero all'interno della Cattedrale, sotto l'ultimo pilastro a destra della navata centrale. I tre santi sono festeggiati dal 24 al 26 agosto.



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Copre la navata centrale un prezioso CONTROSOFFITTO seicentesco in legno intagliato e arricchito da dorature. Nella trama dei cassettoni a croce greca e a ottagono, tre tele, attribuite a Giuseppe da Brindisi, raccontano gli episodi più significativi della vita del santo patrono leccese.

Nella tela più vicina al transetto, La predicazione, Sant'Oronzo, non ancora vescovo della città, diffonde col crocifisso in mano il Cristianesimo nel territorio salentino, ai tempi della dominazione romana ancora pagano.

Nella tela più vicina alla controfacciata, Il Martirio di Sant'Oronzo, il Santo rappresentato come primo vescovo di Lecce sta per essere nelle persecuzioni dei cristiani ad opera dell'imperatore Nerone.

Al centro del soffitto la tela che rappresenta La Protezione dalla peste in cui Sant'Oronzo dal cielo tiene fuori città la peste. Lecce è rappresentata con le mura di fortificazione e le architetture che la caratterizzavano nel Seicento. Fuori da una delle porte urbiche la personificazione della peste del 1656.


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“La CAPPELLA DELL'IMMACOLATA o dell’Assunta, posta nel braccio sinistro del transetto, fu edificata per volontà del vescovo Luigi Pappacoda nel 1670. La sua storia tuttavia è costellata da diverse trasformazioni: col consenso del reverendo Capitolo della Cattedrale nel 1692 fu trasformata e abbellita con dorature a spese dell’Abate Isidoro Turrisi, la cui famiglia ottenne il diritto di patronato dell’altare, che fu dedicato alla Madonna Immacolata.
Nella stupenda struttura barocca lo Zimbalo, cui è attribuita l’opera, previde l’inserimento negli intercolunni di sei piccoli dipinti ad olio relativi a sei Episodi della vita di Maria Vergine, nel dossale un dipinto dell’Immacolata, e sulla trabeazione due statue lapidee raffiguranti San Giuseppe e San Gioacchino.
Nel 1757 fu rimossa la tela dell’Immacolata e in sua vece fu creata una nicchia dove venne sistemata una statua lignea dell’Assunta, opera dello scultore napoletano Nicola Fumo, oggi conservata nel Museo Diocesano. In sua vece fu collocata, durante l’episcopato di Giuseppe Minerva, una statua lignea dell’Immacolata di Giuseppe Stuflesser di Ortisei.
Sulla parete destra si ammira in basso una statua del Beato Filippo Smaldone, in alto la targa epigrafica del vescovo Braccio Martelli, che resse la diocesi di Lecce dal 1552 al 1560. Del vescovo Alberto Costa (1928- 1950), che fu un valoroso latinista, la cappella custodisce sulla parete destra il marmoreo sepolcro.” 

“Altare della Madonna Assunta”, pietra di Lecce scolpita, dipinta. Datazione: terzo quarto XVII secolo. Autore: Zimbalo Giuseppe, maestranze salentine



“Lungo il braccio sinistro del transetto i signori Filippo e Carlo Tafuri fecero costruire a proprie spese nel 1690 la CAPPELLA SAN FILIPPO NERI fondatore della confraternita laica dedita alle opere di carità: gli Oratoriani.
La pala d’altare, che rappresenta il titolare inginocchiato dinanzi a una visione della Vergine con Gesù Bambino, è un lavoro autografo del pittore mesagnese Luca Antonio Paciolla (1638-1706) ed è datato 1685.
Il fastigio è completato da un dipinto della martire Santa Barbara.
Sulla parete sinistra una scultura lignea di Cristo risorto è collocata in una nicchia, di fronte alla quale, sul lato destro della cappella, si trova il sarcofago del vescovo Salvatore Luigi Zola, che resse la diocesi di Lecce dal 1877 al 1898; quest’ultima è opera di Luigi Guacci.” 

“Altare di San Filippo Neri”, pietra di Lecce scolpita, dipinta. Datazione: fine XVII secolo. Autore: maestranze salentine


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Nella SACRESTIA e nella vicina sala Capitolare sono custoditi numerosi dipinti G. Domenico Catalano. Negli spazi della Cattedrale del Duomo è custodito un importante e pregiato CORO in noce eseguito nel 1758 su progetto di Emanuele Manieri. Attraverso due ingressi posti vicino al transetto si accede alla Cripta del Duomo di origine medievale.



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Due scalinate dalle navate laterali conducono alla CRIPTA della cattedrale, dedicata a Santa Maria della Scala. Colpisce subito il contrasto tra la ricchezza della chiesa superiore e la sobrietà e linearità dell'ambiente sotterraneo, risalente alla prima metà del '500, caratterizzato dalla monocromia della chiara pietra leccese e da una fitta serie di colonne e semicolonne con capitelli ornati da motivi decorativi diversi.

Questo aspetto è in parte frutto dei restauri della metà del Novecento che hanno ripristinato l'aspetto cinquecentesco tramite la rimozione di gran parte delle aggiunte barocche. Solo sulle pareti laterali persistono quattro altari seicenteschi.

La cripta fu ricostruita nei primi anni del 1500. La cripta presenta un corpo longitudinale contenente due cappelle barocche con dipinti che incrocia un lungo corridoio composto da novantadue colonne con capitelli decorati da figure umane.

 

Due particolari capitelli presentano i due stemmi di Lecce: quello più antico rappresenta una torre coronata, l'originaria torre campanaria della cattedrale costruita in età medievale in ricordo della torre in cui fu rinchiusa Sant'Irene, antica patrona di Lecce.

La cripta, utilizzata come area sepolcrale, presenta nel pavimento, oltre a numerose epigrafi funerarie, pozzetti per la deposizione dei defunti ed ossari. Altri ambienti per sepolture sono stati recentemente rinvenuti al di sotto del pavimento della navata della cattedrale.















http://www.brundarte.it/2014/03/17/la-cattedrale-di-lecce-e-la-sua-piazza/


  


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