PALAZZO PALMIERI
Costruito negli ultimi decenni del Settecento, Palazzo
Palmieri è sicuramente uno degli edifici più imponenti del centro storico
monopolitano e si affaccia sull’omonima piazza, che funge un po’ da cornice al
palazzo stesso. Appartenne ai Palmieri, una famiglia nobiliare non originaria
di Monopoli il cui cognome, con molta probabilità, era legato alla Terrasanta:
“palmieri” infatti erano definiti quei pellegrini che si recavano a Gerusalemme
e ne tornavano portando con sé una foglia di palma, simbolo del pellegrinaggio.
Lo stemma nobiliare di questa famiglia, non a caso, è fatto da tre palme
incrociate e un elmo cavalleresco. Si tratta di un palazzo in stile tardo
barocco di ispirazione leccese, con un piano terra, un primo e secondo piano.
La vera “abitazione” marchesale è quella del primo piano e consiste in una
serie di stanze, quasi tutte affrescate, che si susseguono intorno all’atrio
interno, altra caratteristica della struttura. Nel piano nobiliare troviamo anche
una cappella privata per le celebrazioni religiose. Ai piani superiori, dopo
aver varcato il portone, si accede attraverso una scalinata scenografica con
accesso a doppia rampa. Alla morte di Francesco Paolo Palmieri, il Palazzo
passa al figlio Teodoro e rimane proprietà dei Palmieri fino al 1921, quando
muore in solitudine l’ultimo erede diretto, il Marchese Francesco Saverio, che
con il suo testamento nomina erede universale la “Congregazione di Carità” e
dispone che nel suo Palazzo siano ospitati un Asilo e una Scuola d’arti e
mestieri. Per un lungo periodo, queste due Istituzioni hanno operato nel
Palazzo, che ha funzionato anche da sede dell’Istituto Statale d’Arte dal 1965
al 1990, oggi Liceo Artistico.
Il maestoso palazzo Palmieri che si
trova nel centro storico di Monopoli, che fa “da cornice” a piazza
Palmieri, fu voluto da Francesco Paolo, (che vi abitò con la numerosa
famiglia, tra cui Michele, futuro Vescovo di Monopoli) negli ultimi decenni del
Settecento, da una precedente abitazione. La famiglia Palmieri fu una delle più
potenti e influenti famiglie in Monopoli e il prestigioso palazzo fu uno dei
tanti immobili e palazzi che la famiglia deteneva in territorio monopolitano.
Alla morte di Francesco Paolo, il Palazzo passa al figlio
Teodoro e rimane proprietà dei Palmieri fin al 1921, quando muore in
solitudine l’ultimo erede diretto, il Marchese Francesco Saverio, che
con il suo testamento nomina erede universale la “Congregazione di Carità” e
dispone che nel suo Palazzo siano ospitati un Asilo e una Scuola d’arti e
mestieri. Per un lungo periodo, queste due Istituzioni hanno operato nel
Palazzo che, da ultimo, ha ospitato l’Istituto Statale d’Arte dal 1965 al 1990.
Attualmente, in esecuzione della volontà testamentaria, lo stabile
appartiene all’I.P.R.A.B. (Istituzione Pubbliche di Assistenza e Beneficenza)
per quanto riguarda la nuda proprietà, mentre la Curia Vescovile è
titolare dell’usufrutto.
Il maestoso edificio, che sovrasta con la propria mole la piazza, viene
costruito alla stregua di una tipica casa palazzata d’impronta
napoletana, in stile tardo barocco d’ispirazione leccese. Si presenta
incorniciato in basso da una zoccolatura in bugnato e in alto da un cornicione
in pietra calcarea sormontato dallo stemma familiare (un altro stemma simile è
presente, in chiave, sull’arco detto “ delle Palme”, che collega il palazzo al
giardino; su questo si può leggere il motto iustus ut palma flore bit).
La vera e propria abitazione marchesale è quella del piano nobile. Esso è
costituito da un susseguirsi di stanze, quasi tutte affrescate che attorniano
l’atrio interno e da altri ambienti di servizio. La sala più importante è la
galleria che dà anche sul loggiato esterno; essa deve mostrare collezioni
d’arte e di reperti antichi.
Attigua alla galleria vi è una cappella privata sospesa sul vicolo con arco
ogivale. Il piano prevede anche uno studio e la libreria del padrone di casa.
L’ultimo piano, infine, era destinato all’accoglienza di parenti e amici.
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Nel medioevo e nei
secoli successivi i Pellegrini che facevano i
pellegrinaggi nei luoghi santi al ritorno erano facilmente identificabili
poiché portavano cucito sui mantelli o sui cappelli i simboli e gli oggetti che
indicavano il luogo visitato e raggiunto nel loro pellegrinare.
In epoca medievali le città Sante più ambite e visitate dai
pellegrini erano:
§ La città di Roma;
§ La città di Gerusalemme;
§ La città di Santiago de Compostela.
I Pellegrini sin dal
medioevo venivano chiamati in maniera differente a seconda se nel loro
pellegrinare fossero diretti verso la città di Roma in Italia, la città di
Gerusalemme in “Terra Santa” o la città di Santiago de Compostela in Spagna.
I principali nomignoli
che venivano dati ai pellegrini in viaggio verso le principali città Sante
erano:
§ Palmieri;
§ Romei;
§ Giacobei o Peregrini;
Chi sono i Palmieri, i Romei ed i Giacobei
o Peregrini
I “Palmieri” sono i pellegrini che vanno verso la
Terra Santa, ovvero, verso la città di Gerusalemme.
I “Giacobei” o “Peregrini” sono i pellegrini diretti a visitare la tomba di San Giacomo in Spagna.
I “Romei”, invece, sono i pellegrini diretti verso la
città di Roma in visita alla tomba di San Pietro.
I simboli
dei pellegrinaggi nella città di Roma erano:
§ medaglie con le effige di San Pietro e
Paolo in materiale metallico (di solito piombo);
§ chiavi incrociate di San Pietro;
§ La Veronica (è il telo impregnato di
sangue e sudore su cui era rimasta l’impronta del volto di Gesù Cristo).
I simboli del pellegrinaggio nella città di Gerusalemme in Terra
Santa erano:
§ piccole croci;
§ ramo d’ulivo o di palma di Gerico
I simboli di pellegrinaggio nella città di Santiago de Compostela erano:
§ la capasanta o conchiglia di San Giacomo;
Penitenze con sofferenza lungo i
Pellegrinaggi: I pellegrini che dovevano scontare una penitenza grave, poichè grandi
peccatori, effettuavano il loro pellegrinare per migliaia di chilometri con
lunghe catene appese o scalzi con grandi sofferenze fisiche che servivano come
pena da espiare per curare i loro peccati e liberare le proprie anime.
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