martedì 27 febbraio 2024


 PRAGA - Quartiere Ebraico


CRIPTA DEI MARTIRI E DEGLI EROI DELLA LIBERTA'
La Cripta della chiesa ortodossa di Cirillo e Metodio è stato il luogo che ospitò nel 1942 un evento cruciale nella Cecoslovacchia smembrata e occupata dai nazisti.
Siamo sulla Na Zderaze, all’incrocio con la Resslova, a metà strada fra il lungofiume e Karlovo náměstí. Ai piedi delle scale che portano all’ingresso della basilica, c’è un portone dal quale si accede in una cappella sotterranea oggi trasformata in un museo che ricorda le atrocità perpetrate nei territori cechi durante la Seconda guerra mondiale. Una serie di pannelli ne ripercorre tutte le tappe: dalla conferenza di Monaco e la annessione dei Sudeti del 1938, al diktat hitleriano del 1939, quando il Führer ricevette il presidente Emil Hácha a Berlino annunciando l’invasione del Paese, la nascita del Protettorato di Boemia e Moravia.
Colui che sarebbe passato alla storia come il “boia di Praga” – il temutissimo Reinhard Heydrich, giovane e potente dirigente nazista, secondo solo a Heinrich Himmler nella gerarchia delle SS – arrivò a Praga come capo del Protettorato nella primavera del 1941, in sostituzione di Konstantin von Neurath, considerato da Berlino troppo morbido.
Simbolo perfetto dell’ideale di razza ariana, Heydrich – biondo, alto, germanico, sposato con figli e spietato – aveva avuto un posto di “onore” nell’ideazione materiale della Soluzione finale, nell’ambito della conferenza di Wannsee del 20 gennaio 1942. Era un simbolo. Il Führer adorava la “Bestia bionda”, ricevendone in cambio una fedeltà assoluta. E in effetti Heydrich si distinse per la ferocia con cui interpretò il ruolo di governatore di Boemia e Moravia, con una numerosa serie di uccisioni non solo di oppositori, ma anche di cittadini innocenti.
Fu per questo motivo che nel governo cecoslovacco in esilio a Londra nacque il piano di dare una risposta militare e di pianificare la cosiddetta Operazione Anthropoid, diretta a eliminare Heydrich. Anthropoid in greco significa “dall’aspetto umano”, in tal modo volendosi rimarcare la disumanità del Reichsprotektor.
Per compiere l’azione venne scelto un gruppetto di sette giovani militari cecoslovacchi, rifugiatisi in Gran Bretagna, che vennero addestrati in Scozia dalla Royal Air Force, per poi essere paracadutati in Boemia.
Il compito decisivo di uccidere la “Bestia bionda” fu affidato ai caporalmaggiori Jan Kubiš e Jozef Gabčík, i quali portarono a segno la missione, il 27 maggio 1942. I due tesero il loro agguato a Heydrich nella periferia nord di Praga, mentre il Reichsprotektor a bordo di una Mercedes-Benz decapottabile, guidata da un autista, si dirigeva – come faceva ogni mattina – verso il suo ufficio al Castello.
I due, con i loro compagni, riuscirono per alcune settimane a sottrarsi alla caccia all’uomo dei tedeschi, finendo per trovare rifugio proprio nella cripta di San Cirillo e Metodio. A tradirli – mentre nel paese si scatenava la terribile rappresaglia nazista, che culminò con la distruzione del villaggio di Lidice e l’eccidio dei suoi abitanti – fu un loro commilitone, Karel Čurda, anch’egli membro dell’esercito cecoslovacco in esilio, paracadutato in patria dagli inglesi per sostenere la resistenza, il quale alla fine andò a riferire ai tedeschi il nascondiglio dei compagni in cambio di una cospicua ricompensa in denaro.
Una volta scoperti, Kubiš e Gabčík, insieme ai loro quattro commilitoni (Adolf Opálka, Jaroslav Švarc, Josef Bublík, Jan Hrubý e Josef Valčík), ingaggiarono una strenua resistenza durata diverse ore contro i tedeschi, un migliaio di SS che nel frattempo avevano circondato la cripta, ma alla fine non ci fu nulla da fare: tre di loro morirono armi in pugno, altri quattro si suicidarono, preferendo questa fine alla cattura.
Ancora oggi, sulla Resslova, i colpi dei mitragliatori tedeschi sono visibili sulla fiancata di destra, all’esterno della cattedrale, dove settimanalmente, a quasi ottant’anni dai fatti, corone di fiori e lumini vengono riposti alla memoria degli eroi cecoslovacchi a un metro dai sanpietrini rosa e bianchi che, sul marciapiede, compongono la cifra 1942.
Metaforico e denso di significato è l’accesso alla cripta, dove ci si sente davvero come in una trappola, vittime della claustrofobia e della paura. La porta stessa è come un punto di non ritorno, la divisione tra un mondo e l’altro. Alle spalle, nella sezione museale, la libertà; di fronte, la prigionia.
Umida e scura, la cripta dà su un lungo corridoio che termina ai piedi di una scala che porta nell’abside della chiesa. L’ingresso secondario – quello alla fine utilizzato dai nazisti per penetrarvi – venne ostruito da Kubiš e compagni con una pesante lastra di marmo, oggi disposta ai piedi della scala.

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