martedì 11 ottobre 2022

CANOSA – LE CAVITA’ ARTIFICIALI

 CANOSA – LE CAVITA’ ARTIFICIALI



Le cavità artificiali di Canosa sono ubicate nel sottosuolo del centro della città stessa. Trattasi di cave ipogee.
Sono il risultato di una attività estrattiva sotterranea finalizzata all'ottenimento di blocchi di calcarenite quale materiale da costruzione. Tale attività si è sviluppata al di sotto della città tra la fine del XVIII e gli inizi del XX secolo. Ora che l'attività estrattiva si è spostata in superficie al di fuori della città e le cavità non soddisfano più alcun uso restano spazi che raccontano solo ciò che sono offrendoci la possibilità di riconoscerne il valore di architettura. Il valore di opera di architettura viene riconosciuto anzitutto in virtù di una tecnica estrattiva che ha reso possibile la realizzazione di queste cave. Si tratta di una tecnica costruttiva per sottrazione che lascia sulle pareti i segni ordinati dell'estrazione, come in una costruzione avviene con le incisioni per filari di pietra. Assume la natura di una costruzione al negativo, senza prospetti e con una luminosità densa di ombra, che per essere compresa può essere rappresentata solo in ambrotipia, come certi modelli di chiese realizzati da Luigi Moretti. In effetti la dimensione delle gallerie sotterranee di Canosa è quella monumentale di una chiesa romanica a una navata.
Il valore di opera di architettura è poi nella configurazione secondo forme strutturali ben definite e ripetute, consolidate dall'uso e dall'esperienza, in una successione di gallerie scavate. Si tratta di tipi strutturali – sezione rettangolare, trapezoidale, a tenaglia, a campana – che derivano da una prefigurazione costruttiva che emerge da una memoria collettiva o da un modo intuitivo di comprendere il funzionamento delle forze nelle masse naturali sovrastanti. Sono semplici forme tecniche, come quelle che si utilizzano per un edificio industriale. Ne deriva che queste cavità lasciano ben intuire la differenza tra uno spazio della natura e uno dell'artificio, tra la grotta e la cavità, tra la Physis e la Technè. Pertanto si può riconoscere a queste opere dell'uomo lo statuto di architetture (primitive) perché posseggono persino una intenzionalità estetica che va oltre l'uso e la materia e che è intrinseca all'esercizio della tecnica; essa si esprime attraverso i caratteri del tutto umani di una precisione esecutiva, di una essenzialità costruttiva, di una semplicità e chiarezza delle forme che sono propri delle architetture spontanee. Queste ultime, che non sono casuali o non intenzionali, sono l'esito di un consolidarsi di forme nel tempo, proprio come le volte che coprono queste gallerie sotterranee. Una architettura spontanea è estremamente precisa (è perfetta) perché possiede una intrinseca misura, una forma consolidata dall'uso, una precisa tecnica realizzativa, un forte legame col suolo e qualcos'altro ancora. Queste cavità, come la casa del contadino di Loos, ci raccontano del lavoro dell'uomo e delle nozioni elementari che egli possiede per costruire una architettura essenziale e necessaria. Le cavità canosine sono spazi funzionali che nessuno mai avrebbe guardato come spazi in possesso di una bellezza del tutto autonoma. Al di là delle forme dettate dalla sola necessità costruttiva, di cui abbiamo parlato, vanno guardate anche le tracce dello scavo sulle pareti non tanto come un retorico racconto della costruzione, ma come i segni del lavoro e della fatica dell'uomo, come le aste incise sul muro della cella da un carcerato che conta i giorni che lo separano dalla libertà. Così umano e materiale si mescolano, diventano un'unica cosa rendendo ancora più interessanti e misteriose queste opere.
COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI?
Scopriremo un possibile progetto di valorizzazione. Il progetto di valorizzazione ha acquisito le tecniche di intervento dallo stesso processo realizzativo delle cavità. Non è prevista alcuna nuova costruzione ma solo piccole opere di scavo del suolo al fine di ottenere luce, aria e realizzare accessi pedonali e meccanizzati. Il progetto si sviluppa su più quote sovrapposte: al livello della città troviamo le due corti interne del palazzo Papagna, con la presenza di resti archeologici, soprattutto di un mosaico appartenente ad una domus romana; al livello interrato la cavità 63, costituita da un vasto atrio d'arrivo con quattro gallerie che si annodano in modo circolare, e la cavità 43, costituita da tre lunghe gallerie che si sviluppano a partire da un analogo atrio d'accesso. Il programma prevede di unire le corti in superficie, una delle quali è coperta con una leggera tettoia a protezione degli scavi, con la cavità 63 in modo da costituire un museo cittadino che dai resti romani conduce alla cavità interrata, mostrando una parte della stratificazione storica della città. Il collegamento avviene attraverso una scala che taglia il suolo offrendo luce ed aria al sottosuolo. Per gli interventi di consolidamento delle gallerie della 63 si è sperimentata una modalità di intervento che utilizza elementi della costruzione come il traliccio in metallo o i contrafforti in muratura con architrave in metallo.La cavità 43 è destinata a bagni pubblici per la città (una Spa), un utilizzo ovvio vista la condizione ipogea e la vastità degli spazi. In questo caso il consolidamento avviene attraverso le vasche d'acqua in cemento, corpi rigidi che imprimono rigidezza alle stesse pareti della cavità. Alle tre gallerie esistenti ne è stata aggiunta una ex-novo a botte, con profilo perfettamente semicircolare (si può immaginare che la seconda metà resta interrata, come nella incisione del ponte Fabrizio di Piranesi) che risulta il più adatto alle sollecitazioni presenti nella massa calcarea sovrastante. Il modo delicato di intervenire sulle cavità ha mirato alla conservazione del bene architettonico ed insieme l'ha trasformato quel tanto che ne consentisse un utilizzo attuale, attraverso pochi leggeri e necessari interventi dettati dalla stessa natura dell'edificio

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